mercoledì 6 marzo 2013

L'allenamento ad alta intensità nelle attività di fondo: mito o realtà ?


(pubblicato 19/ott/2012 08:22 da Igi Pitt su un altro blog)



Premessa

Alcuni articoli pubblicati su riviste  scientifiche dal 2000 ad oggi hanno evidenziato i benefici degli allenamenti ad alta intensità (HITHigh Intensity Training) ed in particolare delle sedute di intervalli veloci (HIIT: High Intensiti Interval Training). 
 L'interpretazione che ne hanno dato alcuni media popolari (digitando HIIT su google si trovano  più di 3000000 di risultati), è che gli allenamenti ad alta intensità siano una sorta di panacea universale destinata a sostituire la pratica corrente basata sulla regola 80-20. 
Nel post cercherò di verificare la validità ed i limiti di un programma di allenamento basto su HIIT.
L'interesse per la  questione nasce  in mè quando, da runner neofita, ho sentito l'esigenza di preparare un piano di allenamenti ed ho scoperto da un lato la moda dilagante dell' HIT, e dall'altro lato il fatto che gli atleti di elite  continuano ad allenarsi con la regola 80-20. Pertanto mi son detto che delle due l'una: o la comunità mondiale degli atleti e dei loro allenatori è poco attenta ai progressi scientifici (possibile ma poco probabile visti gli interessi in gioco), oppure la moda HIT è una bufala, o quantomeno sopravalutata.

N.B.  A  proposito delle fonti che citerò, si tenga presente che gli articoli pubblicati su riviste scientifiche, spesso sono a pagamento ed è disponibile gratuitamente solo il sommario (abstract).  Pertanto quando un riferimento ad un articolo sarà del tipo [REF] significa che cliccandoci sopra si andrà ad una pagina contenente gli estremi bibliografici dell'articolo e l'abstract, mentre cliccando  i riferimenti del tipo [DOC] si andrà ad una pagina che contiene l'articolo completo. I Libri saranno citati con il nome del libro racchiuso tra parentesi quadre e cliccandovi sopra si andrà ad una pagina contenete gli estremi bibliografici del libro.

Buona lettura.

Introduzione   

Introdurrò per sommi capi alcune definizioni e concetti dell'endurance training. Chi già mastica i fondamentali può saltarla e passare direttamente alla sezione successiva. Per una trattazione più tecnico-sportiva  degli argomenti consiglio il grande libro di Jack Daniels, Running Formulamentre per una trattazione scientifica  consiglio il classico testo di fisiologia dello sport [Textbook of Work Physiology: Physiological Bases of Exercise] di  Astrand e Rodahl, (parzialmente leggibile su  google books, clicca qui).

Cominciamo ...

Il volume di allenamento è  il numero di chilometri che un runner percorre settimanalmente (vale anche per ciclisti e nuotatori, ma qui mi riferirò sempre alla corsa).  Il volume è un parametro fondamentale, ma da solo non basta a caratterizzare un piano di allenamento in quanto non specifica nulla sull'intensità della corsa ovvero sulla velocità con cui si corre. Ogni programma di allenamento alla corsa è basato su una miscela di sedute con  2-6 differenti velocità o ritmi. La velocità si misura in km/ora o metri/minuto. Il ritmo è l'inverso della velocità e si esprime generalmente in min/km ( quanti minuti per compiere un chilometro).

Limitiamoci per semplicità a considerare tre ritmi.

Ritmo lento (Easy run): andatura sensibilmente più lenta del potenziale dell'atleta sui 10k. Per la precisione si tratta di un ritmo sensibilmente inferiore alla velocità di soglia del lattato (VLT : ritmo o velocità oltre la quale  il  lattato comincia a crescere vertiginosamente). Gran parte del volume, diciamo circa il 75-85 %, viene tradizionalmente effettuato a ritmo lento sia nelle sedute di recupero (20-90 minuti)  che nei lunghi (60-120 minuti)

Ritmo medio (Threshold run): andatura prossima a quella di soglia del lattato, ovvero  prossima all'andatura che l'atleta è in grado a mantenere in una gara sui 5k o sui 10k in funzione del suo valore. Costituisce circa il 10-15% del volume e viene prescritta sia in forma continua (Tempo run: ~20 minuti) che in lunghi intervalli (Cruise intervals: 2-3 intervalli da 10-15 minuti) 

Ritmo veloce (Interval run, Repetition run): andatura a velocità superiore a quella di soglia e prossima alla velocità massima aerobica  vVO2max   ovvero la velocità alla quale il consumo di ossigeno è massimo, corrispondente all'incirca lla velocità massima dell'alteta sui 1500-3000 metri in funzione del suo valore. Costituisce la parte minoritaria del volume. Effettuata nella forma di intervalli o ripetizioni (sinonimo di intervalli veloci) ovvero in 4-20 ripetizioni di intervalli di corsa veloce della durata  variabile tra di 20 secondi ed 8 minuti, inframezzati da fasi di ricupero totale o parziale a ritmo di jogging o camminando.

Giusto per dare un idea, nell'ultima edizione di Running Formula, Jack Daniels considera 5 ritmi differenti di allenamento: due lenti (Easy e Marathon pace) uno moderato e due veloci (Interval and Repetion pace).


Osservazione.  La corsa ad intervalli veloci (HIIT: High Intensity Interval Training) è stata introdotta  fin dagli anni 20 ed è parte integrante di qualsiasi programma di allenamento tradizionale. Per una breve storia dell'HIIT  si veda  ad esempio [ REF] . Gli intervalli veloci sono gli allenamenti  più gettonati dai sostenitori dell HIT e pertanto la possibile nonchè probabile confusione tra le due sigle HIT ed HIIT non comporta grandi errori di interpretazione, perlomeno ai fini di questa discussione. Si consulti la voce di wikipedia sull'HIIT ( http://en.wikipedia.org/wiki/High-intensity_interval_training) per una ricca bibliografia sull'argomento.

Siccome ogni atleta in un determinato stato di forma ha una sua velocità di soglia del lattato vLT ed una sua velocità corrispondente al massimo consumo di ossigeno vVO2max, la nozione di corsa lenta, media e veloce è necessariamente soggettiva. Ad esempio, per un neofita come mè (di 51 anni e 85 kg di peso), la velocità di soglia è intorno  ai 12 km/h (5'/km ), mentre per un atleta di medio livello regionale, 5'/km è un ritmo decisamente lento molto inferiore alla sua soglia del lattato.

Pertanto conviene introdurre delle misure relative di velocità, basate sulla constatazione sperimentale che per velocità inferiori o uguali alla vVO2max  il consumo di ossigeno nell'unità di tempo è direttamente proporzionale alla velocità con cui si corre. La velocità si misura quindi come percentuale di  VO2max (Volume di ossigeno massimo consumabile nell'unità di tempo). Per esempio v= 75%  VO2max indica la velocità in cui il consumo di ossigeno è il 75% del massimale, mentre  v= 100%  VO2max  coincide con vVO2max.  Negli individui non allenati vLT=65%-70%  VO2max mentre negli atleti di elite vLT=85%-92%  VO2max. Inoltre, siccome il battito cardiaco è direttamente proporzionale al consumo di ossigeno, si può misurare l'intensità della corsa con il battito espresso come percentuale del battito massimo HRM%.

In termini di velocità relativa, con un certo grado di approssimazione si definisce 

Ritmo Lento:  v <<  vLT,                                                       (HRM% ~ 60-75) 
Ritmo medio: v ~  vLT                                                         (HRM% ~ 80-90) 
Ritmo veloce: v= 95%-105%    VO2max   (HRM% > 95) 

Osservazione. Può sembrare strano definire una velocità del 105% VO2max, ma non lo è in quanto la velocità vVO2max   
è la velocità  che un atleta può sostenere al massimo consumo di ossigeno. Il raggiungimento  del massimo consumo di ossigeno non impedisce all'atleta di correre ancora più veloce salvo il fatto che ogni incremento di velocità oltre VVO2max dovrà essere sostenuto da meccanismi metabolici puramente anaerobici (che non usano l'ossigeno per produrre energia).

Riporto a titolo di esempio una tabella di valutazione delle intensità (semplificata) del comitato olimpico norvegese. suddivisa in 5 livelli chiamati zone di allenamento.

Intensity  VO2   Heart rate  Lactate  Duration   
zone  (%max)  (%max)  (mmol.L-1)  within zone   
        45-65  55-75  0.8-1.5  1-6 h   
        66-80  75-85  1.5-2.5  1-3 h   
        81-87  85-90  2.5-4  50-90 min   
        88-93  90-95  4-6         30-60 min   
        94-100  95-100  6-10           5-30 min   

Le zone di allenamento 1-2 corrispondono grossomodo ai lenti, le zone 3-4 ai medi e la zona 5 ai veloci. Oltre la zona 5 si possono definire altre 2 o 3 zone a velocità superiore in fase anaerobica.

La suddivisione in 5 zone (piuttosto che in 7 o 8), sebbene utile ai fini sportivi ha un certo grado di arbitrarietà in quanto i confini delle zone sono difficilmente oggettivabili. In molti lavori scientifici, si veda ad esempio  [REF1REF2REF3],  si preferisce utilizzare le 3  zone riportate nel grafico che segue in cui i confini della zona 2 sono determinati dalla concentrazione  del lattato.  LT1  corrisponde al valore convenzionale di 2 mmoli/litro di lattato, mentre LT2 al valore di 4mmol/litro. LT1 ed LT2 sono note come prima e seconda soglia ventilatoria e sono facilmente misurabili tramite prelievo sanguineo. La zona 1 del grafico contiene entrambe le zone 1 e 2 della tabella norvegese, la zona 2 corrisponde grossomodo alla zona 3 della tabella, e la zona 3 alle zone 4 e 5 della tabella. La curva blu del grafico rappresenta l'andamento qualitativo della concentrazione di lattato all'aumentare dell'intensità dell'esercizio.

Sia la tabella che il grafico sono riportate in [REF].




Un piano di allenamenti settimanale è  caratterizzato dal volume totale e dalla percentuale di volume alle varie velocità previste da piano. Per esemplificare si consideri un programma di allenamento 60@80-12-8 ovvero caratterizzato da un volume di 60 km alla settimana suddivisi in 48 km  (80% di 60) di lenti, 7.2 km (12% di 60) di medi e 4.8 km (8% di 60) di veloci. Il programma si può svolgere in 5 sedute settimanali: 1 lungo da 20 km a ritmo lento, un medio da 7.2 km, una seduta di 12 intervalli da 400 metri e due sedute di ricupero lente da 14 km l'una. Le cose sono un pò più complesse non solo perchè si possono aggiungere  altri ritmi oltre ai 3 considerati, ma anche perchè alcune sedute possono essere svolte in salita o su pista o ancora su fondo campestre, tutte condizioni che variano lo stress.

Appare evidente come sia difficile confrontare e quindi misurare due programmi di allenamento diversi. E' lecito ad esempio chiedersi se sia più impegnativo un programma 100@80-12-8 oppure un 80@80-15-5 o ancora un 80@80-10-10.  Oppure, limitandoci a confrontare due sedute diverse dello stesso piano, è più impegnativo un lungo da 20 km al ritmo di 5' a km o un medio da 5 km a 4'10" a km? Si osservi che lo stesso termine "Impegnativo" è piuttosto vago e potrebbe riferirsi alle sensazioni di sforzo che si prova correndo oppure allo stato di stanchezza post seduta, elementi difficilmente oggettivabili. 


L'intensità di un allenamento si può definire come  lo stress (sforzo) che produce sul fisico, ma vanno fatte alcune precisazioni. I sistemi fisiologici sollecitati durante una corsa sono almeno 4:  il sistema cardio respiratorio e circolatorio, il sistema delle  articolazioni, il sistema neuromuscolare  ed il sistema metabolico.  Ogni sistema  è sollecitato diversamente da ritmo e durata delle varie sedute. 
Vari autori hanno proposto negli anni diversi sistemi a "punti" in cui si assegna un punteggio differente ad ogni minuto di corsa a velocità diverse ed il punteggio totale della seduta dovrebbe permettere di confrontare l'impegno di sedute diverse, si veda ad esempio, [Running Formula] o [Runners Edge].

Lo stress sulle articolazioni è in gran parte proporzionale al volume ed, entro certi limiti indipendente dalla velocità. Volumi troppo alti producono frequenti infortuni articolari e pertanto il limite superiore del volume di allenamento è determinato dalla robustezza articolare dell'atleta. Ci sono pochissimi atleti (ultra-maratoneti) che arrivano a sopportare anche 400 km alla settimana, ma valori più tipici tra i maratoneti  di altissimo livello sono intorno ai 200 km alla settimana.

Al contrario, lo stress sul sistema neuromuscolare è determinato fondamentalmente dalla quantità di corsa veloce. Tanto più veloci si corre, tante più fibre muscolari e neuro-motori vengono attivate. Inoltre alle alte velocità aumenta il carico di trazione sulle singole fibre e quindi  il numero di fibre soggette a rottura (che verranno riparate durante il riposo post-allenamento). 

Il sistema cardio-respiratorio e vascolare viene sollecitato più o meno intensamente da tutti i ritmi di corsa. La soglia del lattato viene sollecitata soprattutto  dalla corsa media e veloce,  meno da quella lenta. Il sistema metabolico è sollecitato ad aumentare la frazione di substrati lipidici utilizzati a fini energetici, dalle corse molto lunghe, lente o moderate. La vascolarizzazione (aumento dei vasi sanguinei) muscolare ed il volume cardiaco sono stimolate più o meno  da tutti i ritmi.

Si osservi che lo stress prodotto dall'allenamento ha una accezione tutt'altro che negativa: è l'ingrediente fondamentale del training. L'idea di fondo  è che lo stress ripetuto sui vari sistemi fisiologici innesca dei processi di adeguamento fisiologici (teoria dell'omeostasi)  atti a sopportare meglio lo stesso stress in futuro migliorando quindi le prestazioni. 


XHIT  vs 80-20

A parità di distanza percorsa, più la corsa è veloce e più sollecita a fondo il sistema cardio circolatorio e neuromuscolare, producendo di conseguenza più stimoli allenanti. Questa affermazione, largamente condivisibile,  non solo è alla  base delle teorie che propendono per l'HIT, ma è anche, almeno in parte, la base delle teorie classiche. 
Infatti  la posizione della teoria classica è la seguente: l'allenamento ad alta intensità  è estremamente efficace, ma, non essendo sopportabile in dosi massicce, il volume ottenibile con la sola corsa veloce non è sufficiente a sollecitare in maniera ottimale i sistemi fisiologici e pertanto si ottengono risultati migliori introducendo  nell'allenamento una miscela bilanciata dei vari ritmi.

Estremizzando un pò, i sostenitori  dell' HIT invece affermano che in un piano di allenamento 80-20, ovvero in un piano che prevede l'80% di corsa lenta ed il 20% di corsa media e veloce, il 20% del volume è allenante, mentre l'80% è una perdita di tempo. In altre parole affermano che l'allenamento ottimale  deve tendere  ad un  0-100. Dico 'tendere' perchè una seduta 0-100 è impossibile in quanto il warm-up ed il cool-down a ritmi lenti sono indispensabili e pertanto qualsiasi seduta di corsa avrà una componente lenta ed è difficile scendere sotto il 50% di lenti.

Questa visione estrema dell'HIT che da qui in poi indicherò sinteticamente con l'acronimo XHIT (eXtreme HIT)  nasce dall'interpretazione che alcuni media popolari (giornali, siti e riviste di fitness, più attente alle novità ed al clamore che all'efficacia)  hanno dato ad una serie di di articoli scientifici pubblicati negli ultimi 10 anni di cui riporto una breve lista  a puro scopo esemplificativo 

[REF1, REF2,  DOC3, REF4 ,REF5,  DOC6]

Questi lavori mettono semplicemente in evidenza che l'introduzione di 2-3 sedute settimanali di esercizi ad alta intensità in sostituzione o meno di esercizi di corsa lenta, produce un notevole miglioramento dei parametri fisiologici coinvolti nella corsa ed un miglioramento delle prestazioni. E' fondamentale tenere presente che si tratta di analisi condotte su individui non allenati o moderatamente allenati e per periodi piuttosto brevi, da un paio di settimane a qualche mese. In nessuno dei lavori vengono considerati gli effetti su atleti di buon livello e già fortemente allenati secondo un programma 80-20 e per giunta non vengono considerati gli effetti a lungo termine.

Posso riassumere in pillole  i risultati delle varie ricerche con le seguenti affermazioni, tutte condivisibili anche in ottica tradizionalista.

1) Un individuo sedentario che comincia a praticare la corsa ad intervalli veloci 2-3 volte alla settimana, nel giro di 2-3 mesi   aumenterà le proprie prestazioni di più di un altro individuo sedentario che cominci a praticare la corsa lenta 2-3 volte alla settimana.

2) Se un individuo moderatamente allenato  con un programma basato su 3 allenamenti settimanali di corsa lenta ed uno di corsa veloce,  sostituisse una seduta di  corsa lenta con intervalli veloci, nel giro di qualche settimana aumenterebbe le proprie prestazioni di più che se continuasse con il programma originale.

3) Un individuo che ha a disposizione poco tempo per fare dell'esercizio fisico lo deve fare ad alta intensità per trarre i massimi benefici.

Un certo clamore è stato anche suscitato da alcuni lavori (più strettamente medici che sportivi) riguardanti le prescrizioni ottimali di esercizio fisico per i cardiopatici ed i soggetti affetti da ostruzioni croniche polmonari, si veda ad esempio [REF].
Dal mio punto di vista proprio questi sono i risultati più sorprendenti, anche se c'entrano poco con lo sport. Fino a non molto tempo fà nessuno avrebbe osato prescrivere attività aerobica ad alta intensità ad un 75-enne infartuato o con una insufficienza cardiaca severa ( eiezione del ventricolo sinistro ridotta al 30%). 


Tralasciando le questioni puramente mediche, i risultati delle ricerche sopra citate non sembrano eccessivamente clamorosi. Tutto sommato è abbastanza ragionevole pensare che chi si allena poco diciamo 2 o 3 volte alla settimana possa trarre benefici maggiori da allenamenti ad alta intensità considerato che tra due sedute intense ha a disposizione almeno un giorno di riposo totale. 
Ma la domanda che sorge spontanea a questo punto della discussione è: l' XHIIT  è applicabile anche agli atleti di livello medio e alto?
In altri termini, considerato che un atleta top level di endurance può arrivare a fare anche 12-14 sedute alla settimana con una strategia 80-20, la domanda è:  se facesse solo HIIT, quante sedute settimanali potrebbe sostenere? E sarebbero sufficienti per mantenere o migliorare le sue prestazioni?



Facciamo un confronto tra un possibile piano di allenamento XHIIT ed un classico 80-20, entrambi per un atleta di livello medio alto (ma non top level), diciamo, per fissare le idee, di una atleta la cui velocità al massimo consumo di ossigeno è pari a  2'47" al km,  con dei record personali di 2h20' sulla maratona,  30'20" sui 10k  e 14'30" sui 5k. 


Diamo  per scontato  che una seduta di intervalli veloci, diciamo 12 x ( 1 min @ 100% VO2max + 1 min @ 65% VO2max) stimoli maggiormente i sistemi fisiologici rispetto ad una seduta continua a ritmo lento-moderato, diciamo di 60 min @ 70% VO2max. 

N.B. Secondo il sistema di punti di Jack Daniels 12 minuti @ 100% VO2MAX + 12 minuti @ 65% VO2MAX  + 12 minuti @ 65% VO2MAX per il warm-up e cool-down,    equivalgono a 60 minuti di corsa continua al 70% di VO2MAX .


Cerchiamo adesso di confrontare un piano settimanale 

Seguendo l'XHIT si dovrebbero inserire solo sedute di intervalli veloci, ad esempio  del tipo 12 x ( 1 min @ 100% VO2max + 1 min @ 65% VO2max) nel numero ottimale che garantisca il raggiungimento dei migliori risultati possibili. Quante sedute?  Dipenderà dal livello di tolleranza dell'atleta ma direi al massimo 3 o forse 4 in quanto si tratta di sedute piuttosto impegnative che necessitano di tempi di ricupero lunghi. Optiamo per 4 sedute settimanali e facciamo un pò di conti considerando che la parte veloce degli intervalli li farà in  2'47" al km e la parte di ricupero, riscaldamento e raffreddamento compreso li farà a 4' al km in media. Ogni seduta durerà circa 36 minuti dei quali 12 minuti  di velocità e 24 di corsa lenta. Il volume della singola seduta è di 10.3 km di cui 4.3 veloci e 6 lenti. In pratica si tratta di un piano 41.2k@(58,0,42) che richiede  circa 2 ore e mezza alla settimana.



D'altra parte un approccio tradizionalista 80-20, per l'atleta  descritto, prescriverebbe il massimo volume tollerabile, diciamo 150 km ( il volume medio di un maratoneta sub-elite europeo, con tempi sulla maratona intorno a 2h16' è di 160 km/settimana, si veda [Billat]). Secondo il metodo di  Jack Daniels l'atleta è classificano con un VDOT=72 e pertanto  l'80% di lenti ( 120 km) verrà svolto a circa 4'/km (480 minuti), il  12% di moderati (18 km) a circa 3'10"/km (57 minuti) e l'8% di veloci (12 km) in media a 2'50"/km (34 minuti). In definitiva si tratta di un programma 150@(80,12,8) che richiede  circa  10 ore settimanali. 
Si nota immediatamente
    1) la grande differenza di volume: 41.2 km contro 150
    2) la grande differenza di tempo di allenamento : 2.5 ore contro 10
Se avessero ragione i sostenitori dell'HIIT le conseguenze sarebbero enormi: con 2.5 sole ore di allenamento alla settimana e 41 km di volume  si potrebbe arrivare a dei risultati che attualmente richiedono un impegno giornaliero e sollecitazioni articolari enormi.

La regola dell 80-20  ha origini empiriche, si è formata nei decenni come risultato di esperimenti condotti da allenatori ed atleti sul campo ed è stata determinata tramite selezione naturale nel senso che i programmi che non funzionavano sono stati abbandonati, quelli che funzionavano, ulteriormente ottimizzati. E' ragionevole pensare che atleti e trainers abbiano provato innumerevoli volte ad aumentare la frazione degli allenamenti ad alta velocità e che se tale pratica non si è diffusa ciò è dovuto al fatto che non funzionava o perlomeno che funzionava meno bene del classico 80-20. Ma questa è solo una supposizione in quanto è difficile trovare informazioni su ciò che è stato fatto sul campo e che non ha prodotto risultati: nessun trainer ama parlare dei propri insuccessi.

La scienza non ha questi problemi, non deve necessariamente trovare delle pratiche che funzionino meglio di quelle attuali. Dal punto di vista scientifico  anche dimostrare che alcune pratiche non funzionano ha la sua importanza.   Vediamo una brevissima panoramica dei lavori scientifici degli ultimi anni su questo argomento.

1) In un lavoro del 1999, Veronique Billat ( una outsider della scienza dello sport) e collaboratori, [DOC]  eseguono un esperimento su un  gruppo di 8 atleti  specialisti del fondo e mezzo fondo (dai 1500 m alla mezza maratona) di livello medio-alto ( il valore medio della  VO2max degli atleti del gruppo è di 72 ml O2/( kg min)). 
Per 4 settimane il gruppo si allena con un programma "normale" che contiene una sola seduta  settimanale di intervalli ad alta velocità ( 100% VO2MAX). Nelle 4 settimane successive il gruppo sostituisce due lenti con altre due sedute di intervalli arrivando ad un totale di 3 sedute di intervalli a settimana. 
Alla fine delle prime 4 settimane (programma normale) tutti gli atleti avevano notevolmente migliorato le loro prestazioni. Alla fine delle ultime 4 settimane (programma ad alta intensità) gli atleti avevano mantenuto le stesse prestazioni ottenute con il programma normale, ma mostravano molti segni fisiologici di over-training (stanchezza da sovrallenamento) . In conclusione il programma con tre sedute settimanali di intervalli veloci non aveva prodotto miglioramenti (ma neanche peggioramenti) e probabilmente non sarebbe stato sostenibile ulteriormente.


2)  In un lavoro del 2007  di Esteve-Lanao ( altro outsider della scienza dello sport) ed altri, [REF], è riportato il seguente esperimento.
A due gruppi di atleti di livello medio alto, ma non di elite è stata prescritta una differente frazione di corsa a ritmo medio. Ad un gruppo un solo medio alla settimana  secondo lo schema (80.5%  lenti,11.2% medi, 8.3%  veloci) , all'altro gruppo due  medi alla  settimana secondo lo schema (66.8% lenti, 24.7% medi, 8.5% veloci). Il volume totale dei due gruppi è rimasto lo stesso. Alla fine di 5 mesi di allenamento  il gruppo con un solo medio settimanale ha migliorato i tempi sui 10k di 2'37" mentre il gruppo con due medi lo ha migliorato solo di 2'1".  La differenza è di 36 secondi sui 10k a favore del gruppo che praticato un solo medio alla settimana. La conclusione è che aumentare la frazione dei medi non paga. Sarebbe stato interessante ai fini della nostra discussione se nel lavoro di Esteve-Lanao si fosse aumentata la frazione dei veloci piuttosto che dei medi. In effetti nella fase pilota di progettazione dell'esperimento era stata raddoppiata  la frazione di veloci, ma è successo che gli atleti non riuscivano a completare gli allenamenti ( comunicazione privata di Esteve-Lanao a S.Seiler, riportata in  [DOC]).

3) In un lavoro del 2008, Ingham ed altri [5] hanno somministrato a due gruppi di 9 atleti di livello nazionale inglese nel  canottaggio due programmi di allenamento diversi. Al primo gruppo solo allenamento a ritmi inferiori o uguali alla soglia del lattato, al secondo gruppo un mix del 70% sotto la soglia ed  il 30% condotto ad un ritmo intermedio tra quello di soglia e quello al massimo consumo di ossigeno. Il volume dei due gruppi è rimasto lo stesso. Dopo 12 settimane entrambi i gruppi hanno manifestato gli stessi miglioramenti (con un leggero vantaggio a favore del gruppo lento).

Molti altri lavori condotti su atleti di livello medio alto hanno  risultati simili, per una bibliografia più estesa si veda  [DOC].






Conclusioni.

Le evidenze scientifico sperimentali emerse negli ultimi 10-15 anni, confermano la correttezza della regola dell'80-20, proveniente da decenni di pratica sportiva e ricerca sul campo, perlomeno  nell'allenamento di atleti di livello medio alto nel  fondo e mezzo fondo. Aumentare  la frazione di moderati e veloci in forma stabile oltre al 20% del volume è controproducente ai fini delle prestazioni.
Mi sembra pertanto di poter concludere che i piani di allenamento basati interamente su sedute HIIT sono consigliabili solo a chi non pratichi più di 3 sedute alla settimana e quindi certamente non ad atleti competitivi.

ip


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