Premessa
Dedicato a "Lucky".
L'idea di riflettere per iscritto su questo argomento mi è venuta a seguito di un'animata discussione con un amico, che voleva convincermi che gli intervalli vanno fatti ad una velocità molto superiore a quella che pratico di solito.
In poche parole, premesso che il mio ritmo di corsa al massimo consumo di ossigeno è intorno ai 4'30" - 4'45" per km, valutato monitorando l'andamento del battito cardiaco all'aumentare della velocità (lo so, sono un runner piuttosto scarso anche considerando l'età di 52 anni), sono solito fare gli intervalli di 400-600 metri al ritmo di 4'30"-4'50" a km ( 400m in 1'45"-1'50") con circa un minuto di ricupero attivo. Secondo il mio amico invece dovrei fare di meglio, ovvero dovrei fare i 400m in circa 1'25" che corrispondono ad un ritmo di 3'32"/km, praticamente la mia velocità massima assoluta, o perlomeno quella che presumo essere tale, considerato che non mi sono mai allenato per lo sprint e pertanto non ho dimestichezza. Inoltre sostiene che dovrei fare un ricupero totale o quasi tra un intervallo e l'altro. Alla mia obiezione che l'obiettivo del mio allenamento è quello di migliorare il mio tempo sui 5k e 10k, e non quello sui 400m, l'amico risponde che comunque devo fare gli intervalli più velocemente (e, necessariamente con più ricupero) perchè solo così posso sperare di migliorare la mia resistenza alla velocità (parole sue). Io gli ribadisco che la resistenza alla velocità di 3'32"/km per 400 m mi interessa poco visto che sui 5k è già tanto se riesco a tenere i 5'/km, ma lui non vuol sentire ragioni in base alla sua esperienza di runner (sui 200 e 400 m, guarda il caso).
Discussione
Gli intervalli fanno parte di qualsiasi programma di allenamento alla corsa da almeno 60 anni, ovvero a seguito dei successi olimpici del mitico Emil Zatopek, ma pare fossero praticati da alcuni runners già agli inizi del secolo scorso e Jack Daniels (J.D.) li prescrive per almeno un seduta settimanale a tutti i livelli.
Da Zatopek in poi atleti ed allenatori hanno usato la pratica degli intervalli corsi a velocità sensibilmente superiore a quella di gara. In generale, per corsa ad intervalli veloci, si intende una corsa fatta di porzioni a una velocità compresa tra la soglia del lattato e la velocità massima assoluta, in funzione della distanza obiettivo per cui ci si allena, seguiti da porzioni di ricupero a corsa lenta o riposo. Più è breve la distanza obiettivo e più sono brevi e veloci gli intervalli.
Restringendo l'attenzione all'allenamento per il fondo e mezzo fondo, J.D. prescrive gli intervalli al 100% della velocità di massimo consumo di ossigeno (vVO2max) mentre la maggior parte degli autori moderni li prescrivono ad una velocità compresa tra il 90-100% di vVO2max, ma sia J.D. che gli altri concordano sui recuperi brevi e assolutamente non completi. Il motivo di tali indicazioni è semplice ed immediato: nel modello concettuale correntemente utilizzato per l'endurance, gli intervalli hanno lo scopo di aumentare la capacità di consumo massimo di ossigeno (VO2max) e per farlo, in base al principio dell'omeostasi, si ritiene che si debba esporre il corpo alla situazione limite (VO2max) per il tempo più lungo possibile. Siccome un atleta ben allenato partendo da uno stato di sforzo intorno al 60% VO2max (dopo il riscaldamento) ci mette circa due minuti per arrivare alla VO2max (io 2'30"), la parte di sessione che allena la VO2max comincia solo dopo 2 minuti e siccome tale ritmo si riesce a sostenere solo per brevi periodi, il tempo di allenamento vero sarebbe troppo breve. Per tale motivo si introducono gli intervalli con ricupero parziale. Faccio un esempio. Si parte dal 60% e si corre alla vVO2max per 4 minuti ottenendo 2 minuti netti di allenamento al VO2max, si ricupera per 2 minuti scendendo all'85% e si ricomincia la parte veloce raggiungendo stavolta il 100% in un minuto in quanto si parte già dall'85% e quindi 3 minuti allenanti, e si continua in questo modo, collezionando alla fine della seduta decine di minuti in zona VO2max. Ciò si può fare con intervalli veloci più o meno lunghi (15 secondi - 6 minuti) ed adeguati tempi di ricupero (più lungo è l'intervallo e più lungo è il recupero).
In base a questo modello non ha alcun senso correre ad una velocità maggiore della vVO2max in quanto
1) oltre a tale velocità il consumo di ossigeno rimane stabile e quindi anche se aumenta la percezione di sforzo, non aumenta lo stimolo allenante nei confronti del VO2max.
2) correre oltre alla vVO2max, diciamo al 120%, si può fare solo per tempi brevissimi e quindi si rimarrebbe in zona allenante per un tempo minore e per giunta con maggior affaticamento. Inoltre per sostenere diversi intervalli sarebbero necessari tempi di ricupero decisamente più lunghi.
Faccio un esempio esplicativo sul mio caso. Il mio cuore ci mette circa 2'30" per arrivare al massimo quando faccio un all out. Il che significa che qualsiasi intervallo più breve di 2'30" non mi fà arrivare alla VO2max, ma in realtà per produrre la sollecitazione allenante basta oltrepassare il 90% di VO2max, ed io arrivo al 90% in circa 2' partendo dal 65%. Pertanto un intervallo che duri 2' con 2' di ricupero non và bene mentre 2' di corsa con 1' di ricupero va benissimo in quanto all'inizio dell'intervallo successivo parto dall'82% e arrivo al 95%. In quello successivo parto dall'83% e arrivo al 96% e così via. Semplice no?
Se invece facessi come mi consiglia "Lucky", la porzione di corsa durerebbe 1'25" e arriverei all'82% circa di VO2max, poi ricupero totale e tornerei al 50% e così via, senza avere minimamente sollecitato la VO2max! In pratica farei quello che J.D. chiama ripetizioni e non ha nulla a che fare con la VO2max e la resistenza alla velocità per i 5 e 10k. Facendo tali ripetizioni otterrei l'effetto di aumentare la potenza muscolare e migliorare la mia velocità massima assoluta (3'30"/km) che non è un parametro limitante la mia prestazione attuale sui 5k, visto che li corro a 5'/km e posso sperare in un allungo finale a 4'30" per un paio di minuti.
Faccio un esempio esplicativo sul mio caso. Il mio cuore ci mette circa 2'30" per arrivare al massimo quando faccio un all out. Il che significa che qualsiasi intervallo più breve di 2'30" non mi fà arrivare alla VO2max, ma in realtà per produrre la sollecitazione allenante basta oltrepassare il 90% di VO2max, ed io arrivo al 90% in circa 2' partendo dal 65%. Pertanto un intervallo che duri 2' con 2' di ricupero non và bene mentre 2' di corsa con 1' di ricupero va benissimo in quanto all'inizio dell'intervallo successivo parto dall'82% e arrivo al 95%. In quello successivo parto dall'83% e arrivo al 96% e così via. Semplice no?
Se invece facessi come mi consiglia "Lucky", la porzione di corsa durerebbe 1'25" e arriverei all'82% circa di VO2max, poi ricupero totale e tornerei al 50% e così via, senza avere minimamente sollecitato la VO2max! In pratica farei quello che J.D. chiama ripetizioni e non ha nulla a che fare con la VO2max e la resistenza alla velocità per i 5 e 10k. Facendo tali ripetizioni otterrei l'effetto di aumentare la potenza muscolare e migliorare la mia velocità massima assoluta (3'30"/km) che non è un parametro limitante la mia prestazione attuale sui 5k, visto che li corro a 5'/km e posso sperare in un allungo finale a 4'30" per un paio di minuti.
In effetti, il discorso cambia completamente se l'obiettivo dell'allenamento non è quello di aumentare la VO2max ma la prestazione anaerobica e\o la potenza muscolare. Infatti, un atleta top level può correre i 3k ad una velocità molto prossima alla vVO2max, mentre uno scarso come mè, è già tanto se a tale velocità riesce a fare 1k. Ciò significa che per un atleta top level sui 3k i meccanismi anaerobici, sebbene meno importanti di quelli aerobici, saranno comunque determinanti per la prestazione e di qui la necessità assoluta di stimolarli in allenamento, ad esempio con la corsa ad intervalli a velocità superiore a vVO2max (ma certo non a vmax). Un atleta top level sui 10k deve correre la gara a velocità sensibilmente inferiore a vVO2max, diciamo intorno al 90-95% vVO2max, ma deve anche essere in grado di effettuare eventualmente uno sprint finale e pertanto una piccola quantità di allenamento a velocità superiore a vVO2max, dovrà farla. Per eliminare ogni confusione sul significato, le modalità e gli obiettivi allenanti degli intervalli, J.D. utilizza due termini nettamente distinti: indica come intervalli quelli fatti a velocità prossima alla vVO2max, che hanno lo scopo di sviluppare la capacità aerobica massima, mentre indica con il termine ripetizioni quelli fatti a velocità superiore con lo scopo di sviluppare il sistema anaerobico, la potenza muscolare ed eventualmente il reclutamento di fibre muscolari veloci (IIx).
Questo è ciò che vi racconto io, in base a ciò che ho letto e per come l'ho capito. Per saperne di più e direttamente dalle fonti più autorevoli, consiglio, come al solito, di partire da Running Formula di J. Daniels. Anche l'intervento di Owen Anderson sull'argomento è piuttosto brillante e consigliato. Per quanto riguarda la letteratura scientifica sull'interval training non c'è che da scegliere, negli ultimi 15 anni è stato un argomento caldo. Come punto di partenza consiglio l'articolo serio ma discorsivo di Seiler & Tønnessen, ricchissimo di riferimenti bibliografici. Per un approfondimento consiglierei moltissimi lavori della produzione scientifica di Veronique Billat, vero mostro sacro della scienza del training (qui la bibliografia completa della Billat su PubMed). Della Billat sono da leggere almeno i due lavori sulla storia dell'interval training.
P.S.
A conclusione dell'intervento un'osservazione di carattere generale sulla specificità che, a mio avviso, è alla base dell'errore di "Lucky". L'allenamento deve essere specifico per l'evento a cui ci si prepara. Non esiste una preparazione generale con esclusione, forse, del periodo iniziale in cui un neofita comincia a dedicarsi alla corsa o quando si riprendono gli allenamenti dopo un lungo stop. La preparazione per una gara sui 400m non ha nulla a che fare con la preparazione per i 10k, sono eventi opposti che coinvolgono non solo meccanismi metabolici completamente diversi, ma addirittura fibre muscolari diverse. Nei 400 m, sebbene il 25% dell'energia derivi dal metabolismo aerobico, la VO2max non è un parametro fisiologico limitante in quanto durante l'evento non si arriva alla VO2max. Infatti, considerato che il record mondiale sui 400m è di 43 s, in tale tempo, supponendo di partire dal 50%, un atleta arriverà sì e no al'85% di VO2max. Più realisticamente, gli atleti alla partenza hanno già una consistente mobilitazione del consumo di ossigeno causato sia dal riscaldamento che della tensione pre-gara e comunque non arrivano, al traguardo, a mobilitare la VO2max (vedi qui i risultati per atleti intermedi). Inoltre le fibre muscolari coinvolte nei 400m sono sostanzialmente quelle bianche (IIa e IIx) e tutti gli allenamenti sono rivolti a loro. D'altra parte la velocità massima assoluta non è un parametro limitante per un evento sui 10k che si corre al 90-95% circa di vVO2max, a parte un eventuale sprint finale, che comunque si corre molto sotto alla velocità massima assoluta e le fibre coinvolte sono sostanzialmente quelle rosse ed solo in parte le IIx. Pertanto far correre in allenamento un 400-metrista al ritmo dei suoi migliori 10k per 5-6 km o un far correre un mezzofondista lento al ritmo dei suoi migliori 400 è come mettere lo zucchero sui c... e forse peggio, almeno lo zucchero non fà male.
Infine, qualche numero a supporto.
Un top sprinter ha il 75% di fibre bianche ed il 25% di fibre rosse, un top distance runner ha le proporzioni esattamente invertite(tabella 1.3 della 5-a edizione del mitico libro Physiology of sport and exercise di Costill & al.)
Nella stessa opera, tabella 9.3, è riportata l'enfasi in termini percentuali, che viene data nell'allenamento dei top runners per varie distanze di gara, ai tre sistemi metabolici, i due anaerobici (ATP-PCr e glicolitico), e l'aerobico. Per i 400m l'enfasi è rispettivamente 80% - 15% -5% mentre nei 10k è 5% -15% -80%, guarda il caso, esattamente l'opposto.
Un atleta olimpionico sui 400 m può avere un VO2max nel range di 55-65 ml/kg/min, e 55 è un valore di poco superiore a quello di un maschio non allenato tra i 20 e 30 anni(44-51 ml/kg/min), mentre un olimpionico sui 10k ha una VO2max nell'intervallo 75-85 ml/kg/min (vedi qui alcuni record)
Aggiornamento del 3/12/2013
Per coincidenza, sul numero di dicembre 2013 di "correre" c'è un articolo di Orlando Pizzolato che parla delle ripetute sia classiche che nella versione morbida di Van Aaken. Pizzolato considera l'esempio di un runner che corre i 10k in 40' ovvero ad un ritmo di 4'/km e quindi riporta
- le ripetute classiche : 6 x 1km a 3'55" - 4' con 2'30" di recupero
- le ripetute alla Van Aaken: 8 x 1km a 4'10" con 2' di recupero
- le ripetute morbide sue : 4 x 1km a 4'15" con recupero 1km a 4'35"
Ora, lasciando stare le versioni morbide, la classica viene prescritta secondo Pizzolato a 5" in meno del ritmo di gara e con ricupero parziale. Daniels è molto più severo, classifica tale runner con VDOT=52 (vedi qui), e prescrive gli intervalli di 1k a 3'48" e quelli sui 400m in 91" (1'31") , mentre le ripetizioni sui 400 le prescrive a 1'25", ovvero alla velocità alle quali dovrei farle io secondo l'amico "Lucky", con la differenza che io, secondo Daniels, sono un VDOT=38, ovvero estremamente più scarso del runner di Pizzolato.
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