Premessa
Quest'estate ho discusso con due ragazzi che seguono diete tipiche di chi frequenta le palestre. Il primo, Alex, segue una dieta 40-30-30 ovvero assume il 40% delle calorie giornaliere dai carboidrati, il 30% dalle proteine ed il 30% dai grassi per un introito calorico giornaliero di 3000 kcal (secondo lui). Facendo due conti, essendo il 30% di 3000 uguale a 900 kcal e considerato che un grammo di proteine fornisce circa 4 kcal, risulta che Alex mangia 225 grammi di proteine al giorno. Posto che pesa 72 kg significa che assume 3.1 gr di proteine per ogni kg di massa corporea. Mi è sembrato decisamente troppo, almeno per uno che voglia seguire una dieta salutare! Quando gli ho fatto presente che mi sembrava un valore eccessivo mi ha risposto che i suoi valori ematici sono perfetti, fine del discorso. Il secondo palestrato, Gianluca, ha solo specificato che assume 2.6 g di proteine per kg di massa corporea e che mangia pollo (senza pelle) alla mattina a pranzo ed a cena. Sempre troppo, secondo me.
D'altra parte, in varie occasioni ho discusso anche con un amico di vecchia data, Andrea, vegetariano o più precisamente vegano ed aspirante
frugivoro. Egli è convinto che la dieta ideale dell'uomo sia basata sulla frutta, ma non essendo ancora pronto alla
conversione, per adesso è semplicemente vegano. In generale i sostenitori della dieta frugivora giustificano la scelta in base al fatto che un qualche primate (scimmia) lontano antenato dell'uomo fosse frugivoro ed evidentemente che i milioni di anni in cui i nostri antenati si sono cibati anche di carne pesce legumi cerali ed altro non sono bastati a produrre adattamenti fisiologici positivi alla dieta onnivora.
Pensano invece esattamente il contrario i sostenitori della
paleodieta (non tanto diversa dalla dieta Atkins) ovvero la dieta che verosimilmente seguivano i nostri antenati preistorici nel paleolitico tra 2.5 milioni di anni fa e 10000 anni fa. L'idea della paleodieta è che l'evoluzione e gli adattamenti alimentari conseguiti dai nostri progenitori cacciatori-raccoglitori in 2.5 milioni di anni siano quelli ideale per l'uomo e che invece la dieta attuale, basata su agricoltura ed allevamento e sviluppatasi a partire dal neolitico (8000 A.C.) non sia salutare. In pratica secondo la paleodieta l'uomo dovrebbe cibarsi di carne e pesce ovvero tante proteine e grassi moderati (gli animali selvaggi hanno meno grasso di quelli allevati) ed in misura minore di carboidrati (sopratutto frutta) oltre che di verdura.
In effetti la paleodieta e la dieta frugivora rappresentano i due estremi opposti delle scelte alimentari perlomeno da un punto di vista biochimico. Da una parte tante proteine e grassi e pochi carboidrati, dall'altra pochissime proteine, pochissimi grassi e tantissimi carboidrati.
In contrasto con questi modelli estremi basati su argomentazioni affascinanti ma razionalmente deboli, in questo post cercherò di capire quali siano le posizioni attuali della comunità scientifica sulla dieta ideale per l'uomo. Prima di cominciare seriamente voglio però esternare le mi opinioni sugli estremisti alimentari.
Sulla paleodieta. L'idea della paleodieta è affascinante e di presa diretta: se l'uomo ha mangiato in un certo modo per circa 2.5 milioni di anni si è sicuramente adattato a tale dieta e, non bastando 10000 anni di agricoltura ed allevamento per produrre nuovi adattamenti, la paleodieta è l'ideale a tutt'oggi. L'obiezione a tale posizione che mi sorge spontanea è: ma se la paleodieta è quella ideale, com'è che nel paleolitico l'età media (in base all'età stimata degli esemplari di ominidi rinvenuti) era di circa 30 anni? La risposta dei paleo-seguaci potrebbe essere che la causa della vita breve erano le malattie e la pericolosità stessa della vita del cacciatore-raccoglitore ma comunque non può negare l'evidenza dei fatti. Inoltre mi vien da pensare che il processo evolutivo abbia poco a che fare con la longevità ed abbia piuttosto favorito la riproducibilità della specie umana. Mi spiego meglio. Dal punto di vista dell'evoluzione è importante che una specie si riproduca il più numerosamente possibile e non che invecchi. Quando un rappresentate della specie non è più in grado di riprodursi è del tutto inutile e geneticamente ininfluente. Pertanto è abbastanza logico pensare che l'evoluzione abbia favorito la precocità e la robustezza degli individui nel periodo fertile e non certo la longevità dei vecchi sterili.
In definitiva sia l'evidenza che la logica non permettono di considerare ideale la paleodieta ai nostri tempi in cui il desiderio supremo è quello di vivere più a lungo possibile nel miglior stato di salute possibile.
Sui frugivori. Intanto è necessario dire che non conosco frugivori puri. Nell'ambiente dei vegani quello di diventare frugivori è più un desiderio che una realtà. Popolazioni umane frugivore non ne esistono (mentre esistono popolazioni che si cibano solo di carne e pesce, ad esempio gli inuit) Che un individuo possa vivere di sola frutta (senza vermi) è tutto da dimostrare (ferro e proteine carenti e vitamina B12 inesistente) e sembra che gli stessi vegani aspiranti frugivori se ne rendono conto quando dicono che non sono ancora pronti. Che un qualche primate antenato dell'uomo fosse frugivoro puro, potrebbe anche essere vero ma non vi sono prove certe in tal senso e potremmo anche essere discendenti da primati onnivori considerato che la maggior parte dei primati conosciuti sono onnivori. Comunque sia la nostra discendenza dai primati riguarda un periodo lontano 5-6 milioni di anni mentre è certo che in tutto il paleolitico gli ominidi antenati dell'uomo fossero onnivori. I primati che più assomigliano all'uomo geneticamente sono gli scimpanzè i gorilla e gli orangotango. Gorilla e orangotango mangiano deliberatamente gli insetti (non solo quelli dentro la frutta) mentre gli scimpanzè sono addirittura cacciatori (che sia perchè tra le tre specie sono i più intelligenti?).
In ogni caso i primati definiti frugivori di solito sono prevalentemente frugivori ma compendiano la loro dieta con foglie, fiori, nettare ed insetti ed eventualmente anche con piccoli animali in scarsezza di frutta. Ma anche se esistesse un primate che in natura mangia solo frutta (esiste davvero?), questo mangerebbe automaticamente anche animali e più precisamente gli insetti ed i vermi che infestano la frutta non trattata che cresce spontanea. In definitiva ritengo del tutto infondate le giustificazioni a favore di una dieta frugivora per l'uomo basate su una nostra possibile discendenza da primati frugivori.
Sui vegani. Molti vegani lo sono per scelta filosofica ovvero per una questione di coscienza: non vogliono ne mangiare ne sfruttare gli animali e questa è una scelta personale ed indiscutibile. Altri vegani invece sostengono che l'uomo sia vegetariano per natura e non onnivoro. Sostengono che non siamo adatti al consumo di alimenti di origine animale utilizzando spesso argomenti di pura farneticazione. Mi vengono in mente posizioni del tipo "non abbiamo i canini sviluppati come i carnivori" e "abbiamo lo stomaco troppo lungo rispetto ai carnivori". A prima vista sono due affermazioni ragionevoli, ma subito dopo uno si chiede perchè il confronto lo facciano con i carnivori e non con gli onnivori (quali noi siamo, fino a prova contraria). La risposta è semplice: perchè la maggior parte dei mammiferi onnivori hanno le nostre stesse caratteristiche in termini di canini e stomaco e pertanto l'argomentazione perderebbe validità. Inoltre gli stessi animali erbivori, penso ad esempio alle vacche, in natura assumono una discreta quantità di alimenti animali sotto forma di insetti (concentrati di grassi e proteine). Una vacca quando pascola libera e felice in alpeggio, mangia ogni giorno non meno di 50 kg di erba strappandola direttamente da terra assieme a formiche, coccinelle, ragnetti, bruchi e similari. Non ho idea di quanti insetti possa mangiare, ma sicuramente migliaia ogni giorno. In ogni caso la vacca ha un secondo stomaco in cui avviene la fermentazione dei carboidrati che ingerisce da parte di una flora batterica che produce vitamina B12 e che viene poi assimilata, cosa che noi umani non possediamo (il secondo stomaco). Certo anche negli umani la fermentazione batterica produce B12, ma troppo tardi e va tutta nella cacca! (tanto è vero che qualche vegano estremista propone di mangiare la propria cacca, visto che lo fanno anche alcuni animali).
A mio avviso due cose sono ovvie: 1) non siamo carnivori puri e 2) non siamo vegetariani puri e pertanto siamo onnivori e da sempre (nella veste di homo sapiens, ma anche in quella di eventuali predecessori del paleolitico).
Un giorno, mangiando la pizza con una mia amica vegana che sosteneva che gli esseri umani non sono attrezzati per mangiare la carne, ho ordinato una bistecca e gli ho fatto vedere come un essere umano poteva mangiare la carne: cuocendola prima ed usando il coltello per tagliarla poi. Alla sua obiezione che cuocere e tagliare non sono azioni naturali gli ho risposto che il fuoco e l'uso degli attrezzi, ovvero in definitiva l'intelligenza, è proprio ciò che distingue gli esseri umani dagli altri animali, almeno da 1 milione d'anni.
Sia ben chiaro, ritengo che non ci sia nulla di sbagliato dal punto di vista alimentare ad essere vegani, solo che la ritengo una scelta innaturale e troppo complicata. Essere vegani e contemporaneamente alimentarsi in modo corretto richiede molta attenzione, troppa, roba da pensionati o comunque da nullafacenti. E' anche innaturale perchè la vitamina B12 deve essere assunta mediante integratori e comunque solo in una società moderna in cui le merci possono essere fatte venire da tutto il mondo, è possibile avere a disposizione tutto l'anno la varietà di vegetali necessaria a coprire in modo ottimale tutti fabbisogni di un vegano. Se l'uomo fosse stato vegano, non avrebbe popolato l'intero pianeta.
Sui
vegetariani o meglio sui latte-ovo-vegetariani non ho nulla da dire in quanto sono onnivori che pur non mangiando carne e pesce per questioni di coscienza, mangiano prodotti di origine animale che dal punto di vista dietetico sono del tutto equivalenti alla carne, solo un pò più grassi. Come amano dire loro, scienza e coscienza in contrasto alla scienza e basta degli onnivori e alla coscienza e basta dei vegani.
Scienza e dieta
Il consenso scientifico sulla dieta ideale per l'uomo non è unanime e del resto se lo fosse l'argomento sarebbe scientificamente chiuso. In generale non è una buona idea affidarsi a singoli articoli scientifici in quanto esprimono i risultati di uno singolo studio e le posizioni personali degli autori che devono essere ancora soggette a verifica da parte della comunità scientifica. Conviene piuttosto affidarsi alle posizioni di largo consenso nella comunità scientifica che prevalgono in tutte le prescrizioni dietetiche degli organismi nazionali ed internazionali che si occupano di salute pubblica tra le quali segnalo le seguenti
- Linee guida dietetiche americane 2010 a cura del dipartimento USA del'agricoltura (USDA).
- Consigli dietetici della scuola di salute pubblica di Harvard.
- Dieta, nutrizione e prevenzione dei disturbi cronici, 2002, OMS/FAO (Organizzazione mondiale della sanità)
- Parte dedicata alla nutrizione del sito dell' Autorità europea per la sicurezza alimentare. In particolare si veda Valori di riferimento per l'apporto di nutrienti, 2010 e Valori dietetici di riferimento e linee guida dietetiche
- Linee guida per una sana alimentazione italiana, 2003, Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione
Tra queste, come al solito, quelle fatte meglio a scopo divulgativo sono le linee guida americane. Anche quelle italiane non sono male ma troppo sintetiche. Il database del contenuto degli alimenti più completo che ho trovato è
il National Nutrient Database for Standard Reference a cura dell'USDA che consente di fare ricerche sui contenuto degli alimenti anche per macrogruppi (carni, ortaggi, cereali, vegetali, ...), per singoli nutrienti e quant'altro.
Una prescrizione dietetica è costituita da una miriade di parametri e qui non voglio certamente entrare nei dettagli riservati agli specialisti e pertanto mi limiterò ad analizzare alcuni parametri fondamentali.
1) Energia totale giornaliera. E' la somma dei valori energetici introdotti con l'alimentazione, si misura in kcal (chilocalorie, 1kcal=1000 calorie) altrimenti dette grandi calorie (Cal, si noti la C maiuscola). Per mantenere costante il peso, un individuo dovrebbe ingerire tante kcal quante ne consuma in un giorno. Qui non serve uno scienziato per capire se ingeriamo il numero giusto di calorie, basta la bilancia e lo specchio. Se fosse necessario, per stabilire oggettivamente se il nostro peso è quello salutare, si può sempre usare l'IMC (BMI in inglese). L'energia di cui abbiamo bisogno per mantenere costante il peso è uguale all'energia che consumiamo a riposo più l'energia che spendiamo per le varie attività. Un sedentario totale consuma poco di più di quanto consumerebbe se dormisse 24 ore al giorno, uno sportivo agonista al top può arrivare a consumare anche 3-4 volte l'energia necessaria a riposo. Questo per dire che ci sono persone che necessitano di poca energia (1500 kcal una donna sedentaria di piccola taglia ) e altre che consumano moltissimo (Phelps arriva a consumare 11000 kcal al giorno) e pertanto non ci sono regole generali se non quella di valutare quanto siamo grassi ed aumentare o diminuire di conseguenza l'introito energetico, almeno a parità di attività fisica. E' utile osservare che il consumo a riposo è tanto maggiore quanto maggiore è la massa muscolare di un individuo: 1 kg di muscolo necessita per sopravvivere di una quantità di energia 10 volte superiore a quella necessaria per 1 kg di adipe.
2) Distribuzione energetica dei macronutrienti. I macronutrienti, ovvero quelle sostanze contenute nei cibi che apportano l'energia sono i carboidrati, i grassi e le proteine. I carboidrati che apportano 4 kcal di energia per grammo, si dividono in semplici (zuccheri) e complessi (ad es. l'amido della pasta o del riso) e sono i contenuti principali dei cereali, delle patate, dei legumi, della frutta, quindi di alimenti di origine vegetale, ma sono presenti in quantità modeste anche nel latte e derivati (lattosio). I grassi che apportano 9 kcal per grammo, si dividono grossolanamente in saturi ed insaturi e sono contenuti praticamente ovunque, pochi nella frutta e nella maggior parte dei vegetali ( con notevoli eccezioni quali ad esempio le olive ed alcuni semi con cui si produce l'olio) ed in quantità molto variabile negli alimenti di origine animale. I grassi di origine animale sono tendenzialmente più ricchi di parte satura rispetto a quelli vegetali. Anche le proteine che apportano circa 4 kcal per grammo sono contenute praticamente in tutti gli alimenti, pochissime nella frutta, molte in carne, pesce, legumi, latte ed in molti cereali.
La quantità di carboidrati, grassi e proteine che dobbiamo mangiare ogni giorno è uno dei parametri più importanti di ogni dieta e viene generalmente misurata come percentuale dell'apporto calorico giornaliero. Consideriamo ad esempio una dieta da 2000 kcal/giorno con una distribuzione 60-15-25 ovvero 60% delle calorie dai carboidrati, 15% dalle proteine e 25% dai grassi ovvero 1200 kcal (60/100 x 2000) sotto forma di carboidrati, 300 kcal (15/100 x 2000) in proteine e 500 kcal in grassi. Siccome il valore energetico di carboidrati, proteine e grassi è di rispettivamente 4, 4 e 9 kcal/grammo, dovremo mangiare 300 grammi (1200/4) di carboidrati, 75 grammi (300/4) di proteine ed infine 55.5 grammi (500/9) di grasso.
Ebbene, quali sono le percentuali raccomandate di carboidrati, proteine e grassi in una dieta sana ed equilibrata? La risposta è che non ci sono dei singoli valori ma degli intervalli e limiti piuttosto ampi. Limitandoci a considerare le raccomandazioni per la popolazione adulta dell'USDA americano (
Dietary guidelines for americans, 2010, pag. 15) , quelle dell'OMS (
Tavola 6, pag 56), quelle dell EFSA europeo (
qui la pagina web in italiano), e quelle italiane dell'INRAN (
pagg. 18, 24) abbiamo la seguente situazione
Fonte |
Carboidrati
|
Proteine |
Grassi |
USDA |
45–65%
|
10–35%
|
20–35% |
OMS |
55-75% |
10-15% |
15-30 % |
EFSA |
45-60% |
10-20% * |
20-35% |
INRAN |
~ 60% |
N.A. |
20-25% per p. sedentarie
20-35% per p. attive |
*
nel documento EFSA la dose di riferimento per le proteine è espressa in grammi di proteine per kg di peso corporeo (massa magra) al giorno e non come percentuale delle calorie. Nel documento si stabilisce in 0.66 g/kg al giorno il valore minimo medio ed in 0.83 g/kg il valore cautelativo di riferimento e si afferma che si ritiene priva di rischi anche una dose doppia ovvero di 1.66 g/kg. Per un maschio di 75 kg con una dieta di 2500 kcal/giorno (un sedentario), ciò significa un'assunzione di proteine compresa nei limiti 0.83*75*4/2500 * 100 e 1.66*75*4/2500 * 100 ovvero nei limiti 10-20%.
Nella sostanza possiamo concludere che una
dieta 60-15-25 o giù di lì soddisfa tutte e 4 le raccomandazioni e soddisfa pure le posizioni espresse in una posizione congiunta dell'American College of Sport Medicine (ACSM) e dall'Associazione Dietetica Americana (ADA), si veda l'
articolo in cui è asserito esplicitamente che la dieta di uno sportivo, anche professionista, non differisce in termini di percentuali di macronutrienti, da quella ideale per la popolazione generale. Naturalmente, in termini assoluti, il consumo energetico di uno sportivo è molto più elevato e di conseguenza anche le quantità di macronutrienti ingeriti. Tra l'altro la posizione ACSM-ADA raccomanda che la quantità di proteine per gli sport di endurance sia compresa in ogni caso tra 1.2 e 1.4 g/kg di massa corporea mentre negli sport di forza fissa dei limiti poco superiori e pari a 1.2-1.7 g/kg e pertanto ben inferiori ai valori usuali tra i palestrati. La stessa posizione sancisce anche che non vi è alcuna evidenza che un consumo superiore alle dosi massime prescritte di proteine porti ad un qualche beneficio in termini di massa muscolare. Voglio precisare che la posizione assunta dall'ACSM-ADA è il risultato di decenni di dibattito e migliaia di articoli scientifici e dobbiamo considerarla lo stato dell'arte nel campo della dietetica sportiva e generale.
Grassi
Appurato che secondo le raccomandazioni citate il giusto apporto di grassi è intorno al 25% della dieta in termini calorici, bisogna dire che non tutti i grassi sono uguali. Consumare 100 gr di strutto non è equivalente a consumare 100 gr di olio di oliva. Infatti, nonostante l'apporto energetico sia quasi identico, 100 grammi di strutto contengono 42.5 gr di grassi saturi, 43 grammi di grassi monoinsaturi e 11.7 grammi di grassi polinsaturi (
fonte), mentre 100 grammi di olio d'oliva contengono (
fonte) 13.8 grammi di saturi, 73 grammi di monoinsaturi ed 10.5 grammi di polinsaturi. Si da il caso che i grassi saturi siano quelli che aumentano il colesterolo ed in particolare quello
cattivo (LDL) e che sono ritenuti, quando assunti in eccesso, corresponsabili delle malattie cardio vascolari. In linea di massima quindi i grassi di origine vegetale sono da preferirsi a quelli di origine animale, con qualche notevole eccezione. Infatti i grassi vegetali idrogenati (addensati come nelle vecchie margarine) ma anche l'acido palmitico (uno dei grassi più comuni nel regno vegetale) sono accusati di favorire lo sviluppo di patologie cardiovascolari, vedi
WHO. Gli oli vegetali di cocco e di cuore di palma sono in assoluto i peggiori grassi e contengono molti più grassi saturi del lardo. Purtroppo la maggior parte dei dolciumi che si trovano sugli scaffali dei supermercati sono fatti con olio di palma, compresi quelli che riportano la generica dicitura "contiene solo grassi vegetali". L'olio di palma costa pochissimo, ha una consistenza solida a temperatura ambiente ed è neutro nel sapore, per cui ha sostituito le margarine nell'industria dolciaria. Un'altra eccezione, ma stavolta positiva, sono i grassi polinsaturi contenuti in molti pesci ed in particolare gli acidi grassi EPA e DHA che sono degli omega-3 ed ai quali sono attribuite virtù salutari.
In linea di massima potremmo anche non consumare grassi saturi in quanto l'organismo è in grado di produrli secondo le necessità a partire dagli insaturi. Il problema è che non è possibile evitare i saturi in quanto ogni grasso naturale ne contiene una percentuale compreso il tanto decantato olio di oliva (certo, con processi chimico-industriali si potrebbe eliminare la parte satura). Pertanto le raccomandazioni dietetiche degli organismi scientifici preposti suggeriscono solo dei limiti massimi per la quantità dei grassi saturi assunti (sempre in termini energetici), si veda la tabella seguente.
Fonte |
grassi saturi max |
USDA |
<10%
< 7% per ridurre ulteriormente il rischio
cardiovascolare |
OMS |
<10%
|
EFSA |
minore possibile |
INRAN |
< 7-10% |
I grassi polinsaturi (omega-3 ed omega-6) invece devono essere assunti, ed in particolare le raccomandazioni
WHO fissano gli omega-3 nella quantità minime dell'1-2 % (sempre in termini energetici) e gli omega-6 nell'intervallo 5-8%. Altre raccomandazioni consigliano un rapporto tra omega-6 ed omega-3 di 5:1. Gli omega-6 sono contenuti in tutti i grassi più comuni, mentre gli omega-3 sono piuttosto rari e nella dieta occidentale si tende ad assumerne troppo pochi con rapporti omega-6/ omega-3 troppo alti. Per assumerne nelle giuste quantità bisognerebbe mangiare un paio di piatti di pesce grasso alla settimana o alimenti equivalenti (come nella dieta mediterranea). Per i grassi monoinsaturi non c'è problema di deficienza, in special modo per noi italiani in quanto l'olio di oliva ne è ricchissimo. Da evirare in assoluto (< 1%) invece i grassi idrogenati.
In virtù del fatto che il consumo di grassi saturi deve essere il più basso possibile, si potrebbe essere indotti erroneamente, ad eliminare i prodotti di origine animale. Ad esempio 200 grammi di petto di pollo (senza pelle) alla piastra, contengono circa (
fonte) 26 gr di grassi di cui 7.2 gr di saturi. In termini calorici i saturi corrispondono a 7.2*9=64.8 kcal che su una dieta da 2500 kcal corrispondono al 2.6%, quantità ben inferiore alla limite più stringente del 7%. Il contenuto di saturi è all'incirca lo stesso di quello di 50 gr di olio di oliva, ovvero la quantità tipica di olio giornaliero consumato nella dieta mediterranea. Non si dimentichi inoltre che 200 gr di pollo apportano circa 56 gr di proteine ad alto valore biologico. Inoltre, mentre il pollo lo mangiamo una volta ogni tanto, l'olio di oliva lo mangiamo, in una forma o nell'altra, tutti i giorni.
I limiti correnti sul consumo dei grassi sono dettati da una miriade di studi che associano l'eccesso di grassi saturi, alle malattie cardiovascolari e siccome tutti i grassi in natura sono misti (saturi e insaturi), per limitare il consumo di saturi è necessario limitare il consumo di grassi in generale.
Carboidrati
I carboidrati sono la nostra fonte principale di energia e secondo le prescrizioni citate dovrebbero rappresentare suppergiù il 60% delle calorie ingerite, ma non tutti i carboidrati sono uguali. Sebbene 50 grammi di zucchero abbiano gli stessi carboidrati di 100 grammi di lenticchie (secche), è altamente preferibile mangiare 100 grammi di lenticchie. Infatti, anche grazie al fatto che nelle lenticchie c'è molta fibra, molte proteine e traccie di grasso, l' assorbimento dei carboidrati delle lenticchie è molto più lento di quello dello zucchero. Mangiando 50 grammi di zucchero in brevissimo tempo la glicemia (glucosio nel sangue) schizza in alto provocando il rilascio massiccio dell'insulina ed in breve si và in ipoglicemia. Mangiando 100 grammi di lenticchie la glicemia aumenta di meno e più lentamente e di conseguenza il rilascio d'insulina è più graduale. La regola generale è quella di preferire i carboidrati complessi (cereali integrali, legumi,...) a quelli semplici (zuccheri, farine raffinate, patate,...) o, per la precisone, è preferibile mangiare carboidrati con indice glicemico più basso, si veda la voce di
wikipedia ed in particolare la ricca bibliografia riportata.
Proteine
Le proteine sono composte da 20 varietà diverse di amminoacidi, 8 dei quali sono essenziali ovvero non sintetizzabili dal corpo umano e da qui la necessità di assumerle con la dieta. A differenza dei carboidrati ed in parte dei grassi, le proteine hanno anche e soprattutto funzioni costruttive ovvero servono a costruire e rigenerare i tessuti del corpo umano (muscoli, pelle, capelli, unghie, ...) e gli ormoni. Certamente sono utilizzabili anche a fini energetici fornendo 4 kcal/gr, ma il corpo ne fa quest'uso principalmente in carenza degli altri due macro alimenti. Usare le proteine dei tessuti , in particolare quelli muscolari, a fine energetico è paragonabile a bruciare il tetto in legno di una casa per riscaldarsi ed è esattamente ciò che succede nei regimi dietetici eccessivamente ipocalorici. Come già evidenziato, un apporto di circa 0.66 grammi di proteine per ogni kg di massa magra è indispensabile per mantenere intatti i propri tessuti, in particolare quello muscolare ed in caso di attività fisica intensa il fabbisogno può anche raddoppiare. Tutte le proteine in eccesso rispetto alla dose necessaria vengono usate a fini energetici ma qui c'è un inghippo. Infatti a differenza dei carboidrati e dei grassi, le proteine contengono anche l'azoto (16%) che non può essere metabolizzato (bruciato per fornire energia). Pertanto, quando le proteine vengono bruciate a fini energetici danno come prodotto di scarto l'azoto sotto forma di urea nel sangue che viene espulsa grazie ai reni principalmente attraverso le urine: più urea viene prodotta e più i reni devono lavorare. Le prescrizione massime sulla quantità di proteine da assumere sono basate sull'idea di non sovraccaricare inutilmente le funzioni renali e su questo sono d'accordo tutti mentre non c'è accordo unanime su quale sia la dose massima salutare che va dal 15% in termini calorici delle raccomandazioni OMS al 35% delle raccomandazioni USDA. Mentre sulle quantità minime di proteine c'è accordo totale (0.66 g/kg), sulla quantità massima è in corso, da almeno un decennio, un dibattito ed è argomento caldo nella letteratura scientifica. Per una discussione interessante sull'argomento raccomando la lettura del report
Protein and amino acid requirements in human nutrition, dell'OMS ed in particolare il capitolo 13, facendo riferimento alla ricchissima bibliografia per tutti gli approfondimenti, aggiornati al 2007. Nella sostanza, nel documento citato si asserisce che allo stato attuale (2007) delle conoscenze non è possibile fissare razionalmente un limite superiore al consumo di proteine, perlomeno per la popolazione generale. L'unico dato certo è che una quantità di proteine intorno al 45% delle calorie giornaliere è tossico e produce il
morbo del caribù, ma quale sia il limite superiore ragionevolmente salutare non si sà. Si sà che per individui con la funzionalità renale compromessa, dosi di proteine superiori al 25 % sono nocive. Si sà anche che un consumo elevato di proteine (> 20%) produce un aumento di escrezione di calcio tramite le urine il che ha indotto alcuni ricercatori a studiare la relazione tra proteine ed osteoporosi (infatti il calcio escreto è quello richiato dalle ossa per tamponare l'aumento di acidità del sangue prodotto dall'ossidazione delle proteine), ma senza arrivare a conclusioni definitive. Tra l'altro c'è chi ha osservato che se troppe proteine producessero osteoporosi, allora i
palestrati iper-proteinizzati dovrebbero soffrirne ed invece diversi studi hanno rilevato che i palestrati hanno ossa più robuste della popolazione media (probabilmente perchè l'attività fisica favorisce l'irrobustimento delle ossa).
La mia opinione è che,
1) considerato il sostanziale accordo sulle dosi di proteine minime di 0.8 g/kg necessarie a fini costruttivi e di mantemimento
2) che un consumo di proteine in eccesso a 1.6 g/kg non ha alcun effetto sull'aumento della massa muscolare e che la stessa dose è considerata sicura dal punto di vista della salute,
3) che tutte le proteine in eccesso rispetto alla dose costruttiva vengono metabolizzate e pertanto producono un sovraccarico dei reni
fino a che nuove evidenze scientifiche non provino il contrario, conviene attenersi al limite superiore di 1.6 g/kg che si traduce in funzione del consumo calorico giornaliero in una quantità pari al 15-20%, salvo situazioni particolari.
Infatti se consideriamo il caso estremo del nuotatore Phelps che arriva a consumare anche 11000 kcal al giorno, se facessimo i conti assumendo un consumo del 20% in proteine, verrebbe fuori che Phelps dovrebbe ingerire 2200 kcal in proteine ovvero 550 gr di proteine al giorno ovvero, pesando Phelps 88 kg, 6.25 gr/kg di proteine al giorno, una dose assurdamente eccessiva.
A favore di un consumo moderato di proteine gioca anche il fatto che in natura i cibi molto ricchi di proteine sono spesso anche ricchi di grasso, frequentemente saturo. Ovviamente si può fare come fanno tanti palestrati: mangiano solo il bianco dell'uovo buttando via il rosso, ma che spreco! Oppure comprare le proteine pure in polvere ma sà troppo di sintetico.
La qualità delle proteine si misura con il loro valore biologico o meglio, più recentemente, con un indice chiamato
PDCAAS utilizzato dall'FDA (Food and Drugs Administration) e dalla FAO/OMS. L'indice che va da 0 ad 1, misura la distribuzione in una data proteina degli 8 amminoacidi essenziali rispetto alla proteina di riferimento (ritenuta perfetta per l'uomo e con indice 1.0 ), corretto per tener conto anche della digeribilità. Le varie proteine hanno contenuti diversi di amminoacidi essenziali ed il corpo umano è in grado di assorbirle per fini costruttivi solo se rispettano determinate proporzioni e l'indice PDCAAS classifica le proteine secondo tali proporzioni. In realtà non è strettamente necessario assumere solo proteine con indice il più alto possibile in quanto la combinazione di proteine diverse con indici bassi ma distribuzione di amminoacidi diversi, se assunte contemporaneamente o comunque nell'arco di una stessa giornata compensano a vicenda le rispettive carenze. Ad esempio la pasta ed i fagioli sono entrambi ricchi di proteine con indice biologico basso ma gli amminoacidi carenti nella proteina della pasta sono abbondanti nei fagioli e viceversa e pertanto, se mangiate assieme, forniscono la giusta proporzione di amminoacidi e valgono quasi quanto il bianco dell'uovo. Tendenzialmente le proteine di origine vegetale hanno valore biologico più basso di quelle animali ( questo perchè i tessuti animali sono molto più simili ai nostri rispetto ai vegetali) con alcune eccezioni, come le proteine della soia che hanno valore biologico molto alto. In ogni caso, anche con una dieta vegana, a patto che sia sufficientemente variegata all'interno della stessa giornata e che l'apporto proteico totale sia del 15-20%, non vi è alcun rischio di carenze di amminoacidi.
Per concludere con le proteine un'ultima osservazione. Le proteine hanno un grande potere saziante e se consumate in eccesso danno nausea e per questo motivo ci sono alcune diete dimagranti che prescrivono alti consumi di proteine e bassi consumi di carboidrati. Probabilmente una persona con i reni a posto, che segua per brevi periodi una dieta ipocalorica e nel contempo iperproteica non rischia molto e forse dimagrisce senza perdere tessuto muscolare, ma questo non è un buon motivo per farne un regime dietetico a vita.
3) Micronutrienti
I micronutrienti sono così chiamati perché il corpo ne ha bisogno solo in piccole quantità, e pur non fornendo energia, giocano un ruolo essenziale nella produzione di enzimi, ormoni e altre sostanze che aiutano a regolare la crescita, l'attività, lo sviluppo e il funzionamento dei sistemi immunitario e riproduttivo. Sono costituiti soprattutto, ma non solo, da vitamine (A, B, C, D, E, K), minerali (calcio fosforo, potassio, ...) e oligoelementi (ferro, zinco, selenio, manganese,...). Nonostante siano necessari in piccole quantità, la loro carenza produce danni gravissimi al sistema immunitario e morte. Possiamo anche sottoalimentarci di macronutrienti perchè almeno entro certi limiti il fisico si adegua (perde massa muscolare e pertanto consuma di meno), ma non possiamo privarci dei micronutrienti altrimenti andiamo incontro a malatta sicura. Essendo necessarie in piccole dosi, in una società progredita non ci dovrebbe essere alcun rischio di carenze vitaminiche a meno di abitudini alimentari deviate caratterizzate da pochissima varietà di alimenti e mancanza totale di frutta e verdure. Tanto per fare un esempio, 10 mg di vitamina C al giorno sono sufficienti ad evitare lo scorbuto mentre 60 mg al giorno è la razione giornaliera consigliata (RDA). Orbene in 100 gr di broccoli (davvero pochi) ci sono 90 mg di vitamina C (meno dopo la cottura), in 100 gr di arancia (una arancia navel piccola piccola) o in 200 gr di pomodori verdi ce ne sono 80 mg, in 100 gr di ribes addirittura 180 mg (la dose di 3 giorni). Nella sostanza mangiando un paio di frutti al giorno o un piatto di verdure o ortaggi particolari si ingerisce una quantità di vitamina C più che sufficiente e solo con una dieta priva di frutta e verdura si può rischiare una qualche deficienza. Dico solo rischiare perchè in realtà la vitamina C la si ritrova in moltissimi altri alimenti in forma naturale (ad esempio nei comuni pomodori rossi) o aggiunta (ad esempio nei drink alla frutta).
Tra l'altro la vitamina C è quella di cui abbiamo bisogno in quantità maggiore, ma ci sono altre vitamine che sono necessarie in dosi veramente piccole. Per capirci, la razione giornaliera consigliata di vitamina D è di soli 5 microgrammi (5 milionesimi di grammo) , che si trovano ad esempio in 100 gr di tonno o di uova, o in in 50 gr di salmone o sgombro sott'olio (o in 2 gr di olio di fegato di merluzzo !) e, per i vegani, in 100 gr di funghi gialletti. La RDA di vitamina B12 (croce e delizia dei vegani) è circa 2.5 microgrammi, vedi il link, e si trova esclusivamente nei prodotti di origine animale. In 2 tuorli d'uovo, o in 100 gr di mozzarella, o in soli 30 gr di pollo, c'è la B12 necessaria per 1 giorno.
4) Fibre (to do ...)
3) Aspetti particolari
Calcio ed osteoporosi. Per anni si è pensato che per ridurre il rischio di osteoporosi nelle donne dopo la menopausa fosse utile assumere supplementi di calcio e vitamina D. Recentemente questo mito è stato sfatato da studi clinici fatti su un grande numero di individui, si veda in particolare
questo articolo. In pratica si è dimostrato che nelle donne che già seguivano una dieta bilanciata con il giusto apporto di calcio e vitamina D la supplementazione ha effetti modestissimi e scarsamente significativi. In altri termini, se è vero che la carenza di calcio e vitamina D può aumentare il rischio di osteoporosi, non è vero che si riducono significativamente i rischi aumentandone l'assunzione rispetto alle dosi raccomandate. Pare invece che l'esercizio fisico, in particolare quello di resistenza, aumenti significativamente la robustezza delle ossa, si legga
qui per approfondire, e
qui, per una serie di esercizi mirati.
Latte e derivati. (to do...)
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